Mercoledì 20 febbraio 2019, ore 20.45, incontro con la dr.ssa Carla Romanello

Mercoledì 20 febbraio, alle ore 20.45, a Villa Borromeo (via Avogadro 40 – Pesaro) la dr.ssa Carla Romanello, Responsabile della U.O. Gestione Attività Servizio Sociale Professionale del Comune di Pesaro, terrà l’incontro “Dall’ascolto al discernimento passando per l’osservazione: considerazioni e strumenti per migliorare i processi di aiuto (Parte 2)”.

Qui condividiamo un’intervista alla dr.ssa Romanello pubblicata da “Il Nuovo Amico” del 17 febbraio 2019:

La gioia più grande: vincere la diffidenza e diventare punto di riferimento

Carla Romanello, Responsabile dell’U.O Gestione attività Servizio Sociale Professionale del Comune di Pesaro, terrà mercoledì 20 febbraio 2019 alle ore 20.45, a Villa Borromeo, il prossimo incontro nell’ambito del ciclo di conferenze dedicate al tema della “carità”. L’appuntamento, dal titolo “Dall’ascolto al discernimento passando per l’osservazione: considerazioni e strumenti per migliorare i processi di aiuto”, si colloca all’interno di un programma più ampio di formazione per Operatori Pastorali promosso dall’Arcidiocesi di Pesaro in collaborazione con l’Istituto Superiore di Scienze Religiose delle Marche.

Scriveva Emmanuel Lévinas “io sono nella sola misura in cui sono responsabile dell’altro”. Ma come vivere questa responsabilità concretamente? Come si ascolta una persona che ci chiede aiuto? Abbiamo posto alcune domande alla dr.ssa Carla Romanello che lavora con il disagio da 20 anni.

Dr.ssa Romanello, come si ascolta una persona?

La persona si ascolta sempre mettendosi in una reale “condizione di ascolto”. Ciò significa offrire sì la propria attenzione ma con la finalità di fornire una prima accoglienza di tipo professionale ed una prima valutazione del bisogno, secondo criteri condivisi e formalizzati. Ogni assistente sociale è guidato dal codice deontologico che prevede una serie di comportamenti, fra i quali l’ascolto incondizionato, senza stereotipie visto che la nostra professione si fonda sul valore, sulla dignità e sulla unicità di tutte le persone.

Quali sono i bisogni principali delle persone che incontra e come sono cambiati negli ultimi 10 anni?

Nel corso degli anni ho lavorato in diversi settori. Bisogna considerare che le richieste di aiuto delle persone sono sempre molto in linea con i cambiamenti sociali. Alcuni temi sono sempre attuali come il disagio abitativo, economico/lavorativo e di sostegno familiare.  A questi, negli ultimi anni si sono aggiunte le gravi conflittualità familiari, anche all’interno di famiglie non disagiate, famiglie che non presentano dunque particolari problemi economici ma che hanno un forte malessere dal punto di vista della propria condizione relazionale. Sono inoltre di questa generazione   i casi che vivono malessere derivante dall’abuso delle nuove tecnologie, fra cui ad esempio, giovani o adulti in situazione di ritiro sociale.  Per quanto riguarda gli anziani, sono cresciute le persone sole senza famiglia e che, nonostante percorsi d’aiuto, vanno verso l’istituzionalizzazione; ciò è rilevabile dall’alto numero di anziani collocati in strutture residenziali. In sintesi possiamo affermare che i servizi sono sempre più specializzati e pronti a trattare la multiproblematicità. Oggi sono rari i nuclei che presentano solo un unico problema, tanto che è sempre più necessario lavorare in rete anche con i servizi specialistici e sanitari.

Tutti sperimentiamo prima o poi il fallimento nell’aiutare l’altro, perché non riusciamo a fare tanto quanto vorremmo o perché l’altro ‘non collabora’. Come si gestisce la frustrazione?

La nostra professionalità viene talvolta percepita come orientata al controllo e non come professione d’aiuto. Però quando la persona si affida non sono tanti i casi in cui si registra una frustrazione perché si tratta di un percorso condiviso. L’adesione al progetto e la fiducia nel servizio sono fondamentali. Diverso è il caso che può presentarsi con gli obiettivi posti da altri Istituzioni quali, ad esempio, i vari Tribunali: se manca l’adesione al progetto, da parte del minore o della famiglia, allora la frustrazione può nascere perché un percorso imposto rende gli obiettivi più lontani e difficili da raggiungere.

Qual è la gioia più grande che ricava dal suo lavoro?

Persone che inizialmente percepiscono il servizio come ingerente ma che poi tornano a distanza di anni anche solo a mostrarci la loro migliorata condizione di vita o che, a seguito di nuove problematiche, pensano subito al nostro servizio per chiedere aiuto: quando questo accade vuol dire che veniamo considerati punto di riferimento in un percorso di autodeterminazione della persona. Questa per me è la gioia più grande.

 

 

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